Poveri all’improvviso: lavoro fragile e insicurezza economica – l’Italia al tempo del Covid

Poveri all’improvviso: lavoro fragile e insicurezza economica. Nel secondo trimestre del 2020 si registrano 841.000 occupati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, 1.310.000 persone inattive in più, che non cercano lavoro, e una riduzione di quasi 650.000 disoccupati come effetto di una forte sfiducia nella possibilità di trovare un impiego: basterebbero solo questi dati, ma purtroppo non sono i soli, per dipingere il quadro di quel che sta accadendo in Italia, ma anche in tanti altri paesi industrializzati, Stati Uniti compresi.

Questo è la situazione sociale del Paese, un quadro sconfortante, un quadro che non può essere sottovalutato dal governo, sempre più teso, anche per evitare disordini interni, a offrire una vita a “sovranità limitata” agli italiani, sempre più costretti ad accontentarsi di un “bonus economy”. Una piaga già purulenta che ora rischia di trasformarsi in cancro. Un tempo, mentre si disquisiva di una annosa questione Meridionale, il Centro e il Nord riuscivano a esprimere un’economia robusta.

Le persone in bilico

Ora, senza mai essere mai stata risolta la vicenda del Sud, l’incremento delle che rinunciano alla ricerca di un lavoro è pari al 4,8% e l’insieme delle persone scoraggiate sale a 1.424.000, il 60% dei quali è rappresentato da donne. Le persone in bilico, a rischio immediato di insicurezza economica, sono quelle che dispongono di risorse finanziarie per meno di un mese: sono il 17,1% della popolazione, il 16,9% tra gli imprenditori e i professionisti, il 14,9% tra gli occupati con un contratto a tempo indeterminato.

La liquidità precauzionale

In questo habitat si inserisce un altro dato preoccupante per la nostra economia di mercato. Intanto si ingrossa il lago della liquidità precauzionale: +41,6 miliardi in sei mesi, “così le famiglie si immunizzano dai rischi”. Ma non è stata mai così profonda la frattura tra i garantiti e i non garantiti, i quali ora temono la discesa agli inferi della disoccupazione. Il 2020 è stato un anno orribile, l’anno della paura nera, perché l’epidemia ha squarciato il velo sulle vulnerabilità strutturali dell’Italia, perché ha vinto la logica “meglio sudditi che morti”.

Una ruota quadrata che non gira

Sul sistema-Italia l’immagine è di “una ruota quadrata che non gira”: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. “Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi dell’epidemia. Privi di un fratello massone come Churchill a fare da guida nell’ora più buia, capace di essere il collante delle comunità, il nostro modello individualista è stato il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi sociali di antica data, alla rissosità della politica e ai conflitti inter istituzionali. Uno degli effetti provocati dall’epidemia è di aver coperto sotto la coltre della paura e dietro le reazioni suscitate dallo stato d’allarme le nostre annose vulnerabilità e i nostri difetti strutturali, del tutto evidenti oggi nelle debolezze del sistema – l’epidemia ha squarciato il velo: il re è nudo! – e pronti a ripresentarsi il giorno dopo la fine dell’emergenza più gravi di prima.

Si rischia la rivolta

Prima o poi le verità torneranno tutte a galla. Meglio prima che poi. E siccome Keynes ironizzava sul fatto che nel lungo periodo saremo tutti morti, sarà meglio che, il governo si dia una mossa per riportare l’Italia alla normalità. Certo il virus, sta facendo la sua parte, ma il Paese può e deve farcela: ce l’ha fatta anche quando è riuscita a dare il meglio di sé dopo la seconda guerra mondiale (e dopo una tremenda guerra civile). Le macerie ci sono, la voglia di ricominciare anche: ben vengano gli assegni di solidarietà, ma ben venga anche, soprattutto, il lavoro per tutti. Altrimenti si rischia la rivolta.

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